Storace e la pillola: un rapporto difficile
Solo 10 giorni fa il ministro della Salute, Francesco Storace, definiva la RU 486, durante un intervento a Radio Uno, la “pillola della morte”. È una definizione dal sapore indubitabilmente fondamentalista, quella che il ministro da della molecola Mifegyne (detta anche RU 486) che viene usata in quasi tutti i paesi europei per interrompere la gravidanza.
Alla luce della considerazione che il ministro ha del metodo non chirurgico attualmente più usato per interrompere una gravidanza, così chiaramente espressa qualche giorno fa, è difficile credere che il divieto che il ministero vorrebbe imporre ai medici dell’ospedale S.Anna di Torino di continuare la sperimentazione di questo metodo, non sia ideologicamente guidato.
Deve essere difficile per Storace, che vive così fortemente il punto di vista antiabortista, fare il ministro della Salute quando nel servizio sanitario italiano è prevista l’interruzione di gravidanza. Quindi è chiaro che nel divieto della sperimentazione della RU 486 ha visto una piccola finestra dove poter sfogare il suo impeto ideologico.
D’altronde nel paesaggio di formazione ideologica dell’ex-governatore della regione Lazio, due sono i ruoli concessi: il padrone e il servo. E Storace a questo proposito ci propone le due facce della stessa medaglia.
Da una parte c’è lo Storace che vuol fare il padrone cercando di imporre divieti senza neanche interpellare i diretti interessati; dall’altra assume le sembianze di un umile servo nei confronti dei vertici ecclesiastici, ben sapendo quanto possa essere positivamente considerata la sua iniziativa contro la “pillola della morte” nelle stanze del Vaticano.
Dati questi presupposti, non ci stupisce affatto che le motivazioni usate per giustificare il provvedimento di sospensione della sperimentazione della RU 486 siano alquanto deboli.
Storace aveva mandato all’ospedale dove si stava verificando la sperimentazione, alcuni ispettori, con una sollecitudine alquanto sospetta tra l’altro, se confrontata con l’assoluta mancanza di controllo su ciò che succede nella migliaia di cliniche private molto spesso gestite da suore e preti.
Ebbene, questi ispettori avrebbero rilevato una serie di irregolarità, che non solo ancora nessuno conosce, ma che addirittura non conoscono neanche i medici responsabili della sperimentazione. Viene solo citato il caso di una donna che, credendo che la sperimentazione non avesse avuto effetto su di lei, aveva deciso di farsi dimettere dall’ospedale. La sperimentazione invece era riuscita: infatti una volta tornata a casa, la donna ha avuto l’espulsione dell’embrione, confondendola però con un ciclo mestruale un po’ più abbondante. In ogni caso la donna si è poi recata all’ospedale e non ci sono stati ulteriori problemi. E questo sarebbe il motivo più grave alla base del provvedimento ministeriale.
Dopo il risultato negativo del referendum sulla procreazione assistita l’oscurantismo continua ad avanzare in Italia. E la politica italiana non è assolutamente in grado di fermare questo avanzamento.
C’è bisogno di una nuova luce, completamente e assolutamente umanista. Una luce che illumini tutte le nefandezze di una classe politica che si preoccupa più di seguire i dettami del cardinale di turno, anziché della salute di una donna che preferisce, se può, affrontare senza un intervento chirurgico, un evento già abbastanza traumatico come l’interruzione di gravidanza. Una luce che illumini le bugie dei vertici ecclesiastici che, pur di non perdere il potere che ancora hanno sulle coscienze, fanno di tutto per incidere sulla vita politica e sociale di un paese. Sì, c’è proprio bisogno della luce di un nuovo umanesimo.
( tratto da www.partitoumanista.it )