Ode al parlar con lo sconosciuto

Ode al parlar con lo sconosciuto

TLDR: imparare a parlare con gli sconosciuti può migliorare la vita personale e il futuro della società.

Non so voi, ma io sono cresciuto in un clima di “attento agli sconosciuti”, non accettare le caramelle da chi non conosci, gli zingari rapiscono i bambini, l’uomo nero è pericoloso, fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio… E se uno non ci credeva troppo te la mettevano in altro modo: se uno ti parla è perché vuole sempre qualcosa, o ancora peggio “non disturbare gli altri”, non impicciarti, pensa a fare bene le tue cose gli altri sanno pensare a loro stessi.

Anche senza essere sociologi, sappiamo a cosa portano questi atteggiamenti.

Il “pericolo” dello straniero è sempre stato sovradimensionato dalla cronaca dei massmedia che riesce a fare di un caso isolato un evento sentito d milioni, ma noi dietro allo schermo non abbiamo la percezioni di essere milioni…

Il motivo per cui accenno a questi temi è che mi hanno fatto notare una naturale capacità di relazionarmi con gli sconosciuti, di entrare in comunicazione con tutti quelli che incontro, con risultati sempre simpatici ed interessanti, a volte sorprendenti perché si va dietro il velo dell’apparenza e delle credenze.

E io non solo confermo pienamente e la ritengo una delle cose che più mi piace dello stare in società, ma penso che l’apertura e il confronto sopratutto con gli sconosciuti sia una delle chiavi per scoprire e comprendere il mondo umano per quello che è, e non per quello che crediamo che sia.

Che sia scambiare due parole con un barista o l’autista dell’autobus, il tuo vicino di viaggio e di manifestazione, un mendicante o un pittore, una persona che sembra non sapere dove andare o con un bagaglio troppo grande, una persone che legge un libro che ti incuriosisce o che veste un particolare simbolo… sono tutte occasioni per due parole, che se ben dette e se ben recepite, possono aprire qualche minuto di bella conversazione, a volte anche qualcosa di più.

Ho fatto delle ricerche e psicologi e sociologi stanno esplorando questa cosa, e sembra proprio che parlare con gli sconosciuti faccia stare bene, ci fa sentire più felici, meno soli, più ottimisti, più empatici, e con un forte senso di appartenere ad una comunità.

A mio avviso questa è una delle chiavi per migliorare sia la nostra vita che quella della nostra società, è quasi attivismo politico.

E tutte le persone con cui mi confronto, salvo rare eccezioni, rimangono sempre contente, e chissà, magari più aperte ad atteggiarsi allo stesso modo. E’ un atteggiamento positivo facilmente riproducibile. E questa è buona cosa.

Chiudo con un aforisma banale ma potente: non aspettarti che siano gli altri a fare quello che ti piacerebbe facessero con te. Fai tu quello che vorresti succeda. E nel caso di dubbi perché non domandarsi: sarebbe bello che tutti facessero così? Se la risposta è si, non ci dovrebbero essere scuse.

PS: da giovane ero estremamente timido e introverso, non posso spiegare come sia cambiato, però si può.

Stefano Cecere
Stefano Cecere
Play well, Die Happy! Ricercatore, Sviluppatore, Educatore, Attivista, Umanista, Papà.

Ricerco, Sviluppo e Condivido nell’intersezione tra Giochi, Educazione, Tecnologie Digitali, Creatività, Filosofia e attivismo per una Politica Progressista 2050. E papà 2x

Correlato