Lavoro personale
Oggi avrei forse dovuto parlare delle elezioni di ieri, ringraziare le centinaia di persone che mi hanno incoraggiato e aiutato, rivelando di avere molti più amici di quanto pensassi, di faccende politiche nostrane, della partecipazione in prima persona come bellissima espressione di civiltà, ma ne parlerò domani, magari con i risultati.
La visita che abbiamo fatto ieri alla Sacra di San Michele (un monastero millenario sul monte che guarda da un lato la Val di Susa e dall’altra la piana di Torino) mi ha condotto su un altro tema, che ritengo molto, molto, molto importante.
Ci sono questioni che non è bene rendere pubbliche.
Oggi diremmo da non “spoilerare”.
Potrebbero essere delle questioni personali che metterebbero in imbarazzo, in difficoltà se non addirittura in pericolo.
Oppure verità su “incidenti” pubblici, vedi le stragi, gli accordi sottobanco, le intese tacite, che comprometterebbero troppe persone e istituzioni, oppure creerebbero il panico.
Segreti industriali che farebbero fallire aziende e gruppi di ricerca, oppure ricette personali che ti garantiscono lo stato di “mago” in cucina, nell’orto, etc
La fine di un film o un libro, che rovinerebbero della visione e lettura.
La soluzione di enigmi e misteri, rendendo la ricerca inutile o inefficace (come queste mie considerazioni pubbliche, eh eh).
E’ su questo ultimo punto che vorrei soffermarmi.
Sulla necessità dell’esperienza personale, senza gli spoiler che la rovinerebbero.
E’ un tema che tra l’altro è nelle virtù dei game designers (i progettisti di giochi) che devono proprio creare delle esperienze da far vivere ai giocatori facendo in modo che giocando imparino a giocare, scoprendo cosa fare e come progredire in autonomia e divertendosi.
Ma più che garantire il divertimento, ci sono esperienze che ti fanno comprendere qualcosa di importante, superare delle difficoltà personali, vedere le cose in modo nuovo. E perché siano efficaci è indispensabile che siano portate avanti in modo autonomo, in prima persona, dal protagonista.
Faccio un esempio banale: superare la paura dei ragni. E’ palese che non si può superarla ascoltando qualcuno che ti dice “ma non avere paura!!! " (il peggior aiuto che ti possono dare), “quel ragno non è pericoloso, è poco più di uno scarabeo!” (la ragione non funziona con l’emotivo e il subconscio). Nè è efficace prendere delle pillole/medicine che disinibiscono la percezione dei sensi o spengono alcune zone del cervello.
Una persona poco interessata risolve la cosa cercando di evitare zone con possibili ragni, e scappando urlando appena ne vedono uno.
Ma se c’è un minimo di necessità di superare una fobia, si deve fare del lavoro. Del lavoro “interno”, dentro di sé, con se stessi.
Dalla fobia dei ragni si può passare ad altre questioni, come il riuscire a parlare in pubblico, a mantenere la calma in situazioni difficili, a sapersi concentrare silenziando i rumori, sia fuori che dentro la propria testa, a non lasciarsi prendere dalle compulsioni o non credere ai “sentito dire”, a non giudicare le cose solo dalle apparenze, migliorare la memoria e l’immaginazione, a ragionare meglio, fino ad affinare la propria sensibilità verso i segnali che il nostro corpo e il mondo esterno e le altre persone ci mandano.
Ce ne sono molte altre, ma già fino a qui si può intuire come siano tutte questioni che una persona volenterosa ad affrontarle, deve farlo in autonomia, con del lavoro interno, appunto.
Si può essere aiutati e guidati, certo, necessario. Ma Il grosso si fa da soli. Come in alcuni giochi.
Si, ok. Ma come si fa?
Il primo passo è accorgersi di voler cambiare.
Il secondo è capire che non ci sono soluzioni esterne.
Il terzo è trovare la volontà di mettersi in gioco.
Il quarto è perseverare. Non mollare. Continuare nonostante gli apparenti insuccessi.
Il quinto… beh qui è inutile parlarne.
Penso allo spoiler più grande dell’antichità, che ormai è di uso comune, quanto poco usato, quel “Nosce te ipsum”, “Conosci te stesso”, iscritto sull’entrata del tempio di Apollo a Delfi.
Alla fine è tutto lì.
Per millenni queste pratiche (perché sono lavori pratici, da lavorare. non pure letture o ascolto di podcast) hanno visto le più varie codifiche e colorazioni. Sono state spesso inserite in pratiche “religiose” che con la religione avevano ben poco, se non il legarsi a se stessi (re-ligo).
Essendo lavori personali, non aveva senso parlarne in pubblico. Anzi era necessario non parlarne!
- per non rovinare il lavoro a sé e agli altri
- perché se il lavoro non era condotto con attenzione poteva creare più danni che benefici
- perché la cosa poteva non piacere al potere dominante, ad alcuni sistemi religiosi, ad esempio. Abbiamo avuto periodi dove se non giuravi su tale o talaltra credenza venivi bruciato vivo!
Però c’era anche la volontà di comunicare con altri che si stava lavorando su questi temi! E non c’era internet e i gruppi riservati.
Come fare?
Con la simbologia e le allegorie. Ma ne parleremo un’altra volta.
Sperando che queste considerazioni pubbliche vi siano piacevoli, vi auguro una buona giornata! noi si va al nuovissimo museo esperienziale della chimica a Settimo Torinese. Ecco forse domani parlerò di.. alchimia